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EMISSIONE TERMOELETTRONICA
… studiare, studiare ed ancora studiare,
è il solo modo di capire quanto possa
essere grande sia la propria ignoranza!
Cenni storici
Le prime osservazioni del fenomeno risalgono al 1873 in
Gran Bretagna, quando Guthrie, che eseguiva ricerche su
degli oggetti carichi, scoprì che una sfera di ferro rovente
perdeva in aria la propria carica se positiva, ma non se
negativa.
Da queste informazioni, Guthrie dedusse che il processo
comportava la perdita di ioni positivi ma non poté stabilire
se essi erano generati dall'interazione della superficie
metallica ad alta temperatura con l'aria o se derivassero
soltanto dalla temperatura.
Hittorf (1869–1883) e Goldstein (1885) studiarono anche
loro il fenomeno, ma furono Elster e Geitel (1882–1889)
ad eseguire gli esperimenti che permisero di rispondere
ad alcuni quesiti sollevati dalla scoperta di Guthrie.
Ripeterono infatti l'esperimento della sfera rovente in un ambiente in cui era stato realizzato il
vuoto e in atmosfera di vari gas.
Elster e Geitel scoprirono che l'emissione di ioni positivi si verificava a varie temperature nel
vuoto ed in ognuna delle atmosfere testate, chiarendo dunque che si trattava di una proprietà
del metallo alla temperatura assegnata.
Rilevarono inoltre che tale emissione non è costante, ma tende a diminuire rapidamente, e
soprattutto individuarono che ad alta temperatura si verifica l'emissione di ioni negativi, che
a differenza dell'altra, mantiene un livello costante, fino alla scarica del metallo.
Nel frattempo, l'effetto fu riscoperto da Edison il 13 febbraio 1880, mentre cercava di
comprendere la ragione della rottura dei filamenti e dell'annerimento irregolare dei bulbi (più
scuro vicino ad un'estremità del filamento) delle sue lampade ad incandescenza.
Edison costruì diversi bulbi sperimentali, alcuni con più di un filo, una piastra o una
lamina metallica inserita nel bulbo.
Questo elettrodo metallico extra era collegato al filamento tramite un galvanometro
all'esterno del bulbo.
Durante gli esperimenti, se alla lamina era imposta una carica negativa maggiore (in modulo)
di quella del filamento, allora non si verificava tra di essi alcun passaggio di corrente (oggi
sappiamo che ciò è dovuto al fatto che la lamina metallica emette pochi elettroni); altrimenti,
quando alla lamina era imposta una carica positiva maggiore di quella del filamento, si
registrava un flusso di corrente di cariche negative che si spostavano dal filamento alla lamina
attraverso il vuoto.
A questa corrente unidirezionale venne assegnato il nome di effetto Edison (sebbene a volte
il termine sia utilizzato per riferirsi all'effetto termoionico stesso).
Edison osservò che la corrente emessa dal filamento caldo aumentava rapidamente con
l'aumentare del voltaggio e richiese un brevetto per un dispositivo in grado di regolare il
voltaggio il 15 novembre 1883 (U.S. patent 307,031, il primo brevetto statunitense per un
dispositivo elettronico).
Nel settembre 1884 Edison espose all'International Electrical Exposition di Filadelfia un cicalino
telegrafico il cui funzionamento avveniva per mezzo del dispositivo da lui brevettato.
Fu Preece che tornando in Inghilterra dalla Mostra di Filadelfia portando con sé diversi bulbi
di Edison, presentò un articolo nel 1885 riferendosi all'emissioni termoionica come
all'effetto Edison.
Fleming che lavorava per la British "Wireless Telegraphy" Company (Compagnia Britannica
per la Telegrafia senza fili), scoprì che l'effetto Edison poteva essere utilizzato per rilevare le
onde radio e sviluppò i tubi a vuoto a due elementi noti come diodi, che presentò alla
comunità scientifica il 16 novembre 1904.
Il diodo termoionico può essere configurato per
convertire una differenza di temperatura in
potenza elettrica, senza parti in movimento (un
convertitore termoionico, una tipologia di
macchina termica).
In seguito alla scoperta dell'elettrone, da parte
di Thomson, il fisico inglese Richardson iniziò a
lavorare sull'argomento che definì "emissione
termoionica" e nel 1928 ha ricevuto il premio
Nobel per la fisica "per il suo lavoro sul fenomeno
termoionico e specialmente per la scoperta della
legge che porta il suo nome".
In ogni metallo allo stato solido, ci sono uno o
due elettroni per atomo che sono debolmente vincolati ai nuclei atomici, si muovono nello
spazio vuoto in maniera statisticamente disordinata, liberi di muoversi da un atomo all'altro,
disordinati anche dal punto di vista energetico, essendo varia la velocità dei vari elettroni.
Un cm3 di tungsteno alla temperatura di 2500°K, contiene elettroni liberi e
la distribuzione dell'energia secondo Fermi-Dirac-Sommerfield è quella indicata nel
soprastante diagramma.
All'interno del corpo metallico gli elettrono liberi, non trovano ostacolo al movimento, ma
trovandosi in prossimità della superficie esterna, qualora si stabiliscano condizioni
favorevoli alla fuoriuscita dal metallo, questa è contrastata da un campo elettrico che nasce
per effetto delie condizioni di dissimmetria in cui viene a trovarsi ciascun elettrone in quanto
non uniformemente circondato da nuclei atomici.
Qualora poi elettroni dotati di sufficiente energia si distacchino dai metallo, questo caricandosi
positivamente richiama gli elettroni emessi.
Per quanto la carica acquisita dal corpo emittente sia
da pensarsi distribuita uniformente sulla superficie di
questa indagini di carattere sperimentale stabiliscono
che, nel vuoto. e per distanze X dal corpo emittente
superiori ad un certo valore, la forza F che contrasta
il moto di ciascun elettrone e' come se fosse dovuta
ad una carica disposta in un punto A' simmetico di A
rispetto alla superficie di metallo.
Secondo questa ipotesi ed in accordo alla legge di Coulomb, alla generica di stanza X la
forza F assume il valore :
Nel diagramma a sinistra è tracciato
l'andamento fella funzione F=(x).
Il lavoro :
che ciascun elettrone compie per sottrarsi
all'influenza va a detrimento dell'energia
propria: è quindi evidente che potranno
abbandonare la superficie solo gli elettroni
che siano dotati di una energia superiore
a quella strettamente necessaria per
compiere il lavoro di estrazione espresso dalla soprastante relazione.
Dato che la forza F raggiunge un valore prossimo a zero per un valore x' di x superiore a
qualche distanza interatomica, in pratica il campo elettrico antagonista rimane circoscritto in
una zona delimitata da due superfici parallele a quella emittente ed assai ravvicinate.
Indicando con Ve il salto di potenziale esistente tra le due superfici prima considerate, può
esser scritta la seguente relazione:
Alla temperatura di 0°K anche l'energia , che secondo Fermi è associata agli elettroni più
veloci, è insufficiente a far loro attraversare la barriera di potenziale.
Così per esempio, per il tungsteno Le = 13.47 eV ed Wmo =8.95eV.
Di conseguenza, affinchè possa verificarsi un fenomeno di emissione, è necessario
conferire agli elettroni una energia:
La differenza di potenziale Vi ottenuta dal rapporto :
prende il nome di potenziale di estrazione.
Per il tungsteno, essendo Wi = 4.25eV
segue…